venerdì 11 ottobre 2013

Guida all'Alternative Italiano: pt. 2

La serie dei migliori dischi dell'alternative italiano continua qui! (sì, era brutto farlo tutto in un post)

Marlene Kuntz - Catartica (1994) :La storia di questo album è famosissima, i Marlene Kuntz nascono come la Cenerentola del panorama musicale italiano. Ovvero: il quartetto di Cuneo, nonostante tutta la buona volontà di chi suona con l'anima, non riesce a farsi produrre; arriva fino all'idea di sciogliersi. Quando, all'improvviso, compaiono una fatina buona e il principe azzurro. La fatina (con tanto di barba) si chiama Gianni Maroccolo, il principe ha un nome più complesso, Consorzio Produttori Indipendenti. La nostra Cenerentola si mette la scarpetta di cristallo e non la molla più, dato che giusto poco tempo fa è uscito il loro nuovo disco, "Nella Tua Luce". Ed è qui che mi viene spontanea una domanda: come è possibile che un gruppo come i Marlene Kuntz non abbia ricevuto l'attenzione delle case di produzione prima che Marok & co. li salvassero dallo scioglimento?

Catartica E' gli anni '90. Un'ora di musica che potrebbe tranquillamente riassumere la produzione artistica di un decennio. Atmosfere noise graffianti, testi raffinati quando serve e cattivi nella migliore tradizione grunge, arrangiamenti semplici ma estremamente affascinanti. Nonostante le sonorità siano riprese in gran parte da gruppi americani (Sonic Youth, per citarne uno a caso), è il disco noise che preferisco:non me ne abbiate, ma preferisco quasi sempre la musica italiana, e in questo contesto vi sfido a trovare una migliore produzione.

Passando più specificamente alle singole traccie: la prima parte del disco è un capolavoro, un Classico con la C maiuscola. Canzoni come "Nuotando Nell'Aria" e "Lieve" (indimenticabile la cover acustica dei C.S.I. in "In Quiete") sono ormai diventati patrimonio dell'indie nazionale; "M.K.", traccia d'apertura del disco, è un furioso inno "autocelebrativo" (Lascia che ti vomiti un'onda di parole/MA-MA-MARLENE e' la migliore!); c'è poi il noise di "Sonica" e "Festa Mesta".

La seconda parte del disco, invece, la trovo un po' più spompata, priva della verve che mi ha fatto innamorare dei Marlene. Ma non per questo ci si deve fermare alla mezzora di ascolto. Pezzi come "Trasudamerica", "Merry X-Mas", e (soprattutto) "1°,2°,3°" sono pietri miliari.

Senza voler aprire una discussione del tipo "erano meglio prima", oppure "Godano è un venduto", relax, non ci interessa. Per ora ci fermiamo al '94.

http://www.youtube.com/watch?v=Vkj3BY1qK-o

lunedì 7 ottobre 2013

Guida Ragionata (?) all'Alternative Rock Italiano

Alternative Rock: questo sconosciuto!

Ah, quanto ci piace andarci ad infrascare nelle definizioni di generi che non vanno mai bene a nessuno! Cos'è l'alternative rock? A saperlo... fatto sta, che la maggior parti degli artisti che hanno prodotto del rock negli ultimi vent'anni, in maniera più o meno indipendente, viene etichettato sotto quest'agile formuletta.
Allora immergiamoci in quelli che ritengo essere i 5 album più importanti in questo circo d'artisti riunitosi sotto il tendone dell'indie.

1- Ko de Mondo - CSI (1994) : In qualche modo, il disco seminale di questo nuovo percorso della musica italiana. Dalle ceneri dell'ultima formazione dei CCCP - Fedeli alla Linea esce fuori un gruppo completamente nuovo, con una line-up inedita dal vivo e senza la parte teatrale del gruppo, ovvero Annarella Giudici, "benemerita soubrette" e Danilo Fatur, "artista del popolo italiano". I superstiti, dopo una mini tournée con gli Ustmamò e Disciplinatha (documentata nel live "Maciste Contro Tutti") decidono di ritirarsi in Bretagna, per registrare del materiale inedito. Ci eravamo lasciati con "Annarella", ultima traccia di "Epica Etica Etnica Pathos", ci ritroviamo con "A Tratti", che sancisce con una nenia diventata epica la rottura con ogni passato musicale del Consorzio: ...chi c'è c'è, e chi non c'è non c'è; chi è stato è stato, e chi è stato non è....

Cambia anche il sound del gruppo, che ingloba 5 musicisti, più Pino Gulli alla batteria e Ginevra Di Marco nel ruolo di "ospite", ma che confluirà poi definitivamente nel gruppo dalla tournée acustica di "In Quiete". In realtà il suono di Ko de Mondo è completamente differente da quello che i CSI presenteranno per i loro due album seguenti (Linea Gotica e Tabula Rasa Elettrificata), quasi spersonalizzato: non c'è spazio nè per i riff post-punk di Maroccolo, nè le melodie graffianti di Zamboni, marchi di fabbrica di tutta la loro produzione.

In questo disco nulla è lasciato al caso, nulla è di troppo: i musicisti fondono i loro suoni per stendere il tappeto sonoro dove possono sfilare le ipnotiche poesie di Giovanni Lindo Ferretti.

Gli stili presenti si differenziano molto all'interno del disco: dalle ruvide melodie elettriche di "A Tratti", "In Viaggio", "Home Sweet Home" e "Finistère", ci sono le nenie ipnotiche di "Celuloide" e "Intimisto", la sperimentazione di "La Lune du Prajou" e gli episodi semi acustici di "Palpitazione Tenue", "Fuochi Nella Notte", "Del Mondo", "Occidente" e infine la maestosa e dolcissima "Memorie Di Una Testa Tagliata" (Grazie Lindo per il nome del blog!).

Cos'è, in fondo questo disco? E' tutto, ma allo stesso tempo niente. Non è inquadrabile in nessun genere, è differente a qualsiasi cosa sia mai uscita in Italia. La voce di Ferretti, con quel gusto primordialmente sensuale, stride a confronto con i soliti cantanti rock, e non parliamo delle chitarre disturbate di Zamboni e Canali...

"C'è tanto da imparare!" (cit.)

http://www.youtube.com/watch?v=gi8hy1GZh04




2- Hai Paura Del Buio? - Afterhours (1996): Gli Afterhours sono uno dei gruppi più amati/odiati della storia della musica italiana. Scrivere di loro è quasi un suicidio: immagino quanti potrebbero essere i commenti scritti solo per partito preso. In effetti la spocchia del cantante chitarrista Manuel Agnelli non è indifferente, ma come non lo è l'apporto che, con dischi come questo, sono riusciti a portare alla scena italiana. Il loro album precedente, "Germi", il primo in italiano e da molti considerato come il primo vero disco del gruppo milanese, presentava perlopiù delle tipiche sonorità grunge ispirate da quello anglofono. In "Hai Paura Del Buio", 
rimettono tutte le carte in tavola. Si liberano del ruolo di gruppo dal suono monolitico tendendo alla sperimentazione, spaziando tra i generi più disparati: dall'hardcore alle ballate acustiche, qualche spruzzo di grunge, si sfocia addirittura nel pop e tanta sperimentazione.

Se dovessi sintetizzare quest'album in una parola direi: distorto. Distorta è la voce di Manuel Agnelli nella traccia iniziale "1.9.9.6.", (super)distorte sono le chitarre del visionario Xabier Iriondo, la realtà espressa nei testi è distorta. Manuel Agnelli, in definitiva, fa uscire tutto il marcio dalla sua testa e lo mette sul banco, in vendita al grande pubblico. E questo piace, tanto da far coppiare gli Afterhours a fenomeno nazionale, quando sembrava che per loro non ci fossero più speranze nel panorama musicale italico.

La formazione milanese, che per questo disco si avvale per la prima volta della collaborazione di Dario Ciffo al violino (collaborazione che durerà più di 10 anni), presenta una track list che per gli appassionati è quasi un best-of, per tutti gli altri è comunque un disco da sogno, che presenta un numero di classiconi che tanti gruppi, nel corso della loro carriera, si sognano.

Il disco, dopo la breve title-track strumentale, si apre con 1.9.9.6. , ballata apparentemente ingenua in cui Manuel Agnelli gioca con la sua voce, trasformandola e rendendola libera di dire ciò che vuole: per ora è ancora l'unico disco che sento aprirsi con una bestemmia. Dopo questo coraggioso inizio siamo catapultati nella furia di "Male di Miele", canzone simbolo, che unisce rabbia, amore, dolore e uno dei più bei riff degli ultimi 20 anni.

Andando avanti si potrebbe continuare a parlare all'infinito, come non poter discutere della disturbante "Rapace", o della dolce "Elymania", della lisergica "Senza Finestra"  o la disarmante (immaginatevi una sorta di ninna nanna infantile dopo 40 minuti di rumore!) "Come Vorrei".

Oppure potrei parlarvi delle mie preferite, dall'hardcore di "Dea" e "Lasciami Leccare l'Adrenalina",  alle atmosfere punk e dissacranti di "Sui giovani d'oggi ci scatarro su", alla rabbia di "Veleno"; o, per farla bene, un po' di tutte le 18 canzoni presenti.

Oppure potrei dirvi di ascoltarlo, perchè certi capolavori non fa mai male ascoltarli, anche per chi li conosce già. Naturalmente, dopo tutta questa filippica sulla distorsione e sul rumore, vi aspettate certo qualcosa del genere. Invece no. Perchè? Perchè gli Afterhours riescono a fare bene anche il pop.

http://www.youtube.com/watch?v=7HqSRYs0TZI



Matteo Mannocci


venerdì 4 ottobre 2013

7 Training Days

Ecco la mia seconda recensione per la webzine SulPalco.com. Qui parlo di un gruppo indie che, come si capisce, mi è iaciuto veramente tanto, a dispetto della mia solita avversione per l'indie.
Huuugs!

7 Training Days- Finale/Forward

Avete presente l'indie rock? Se qualcuno ha storto il naso solo a sentirne parlare, vi capisco: ormai nel nuovo panorama musicale, e soprattutto tra i giovani gruppi, sempre di più si affidano alla formula dell'indie-rock, con esiti non sempre positivi. Vi è mai capitato di abbandonare un concerto schifati dalla marea di ragazzine eccitate e urlanti verso un gruppo che suona come i peggiori Artic Monkeys da ubriachi?
Bene, ora che ho catalizzato la vostra attenzione lo posso dire: questa è una recensione di un Ep indie. Ma, udite udite, non si tratta di niente di ciò che ho descritto prima.
L'oggetto in questione è il mini-ep del gruppo di Frosinone "7 Training Days" intitolato "Finale/Forward", che si compone (purtroppo) di soli due pezzi, con i quali però il quartetto riesce benissimo a mostrare benissimo tutte le carte che possono mettere in tavola.
"Pocket Venus", il primo pezzo, è una dolce ballata indie, di quelle che difficilmente non si fanno ascoltare, per il fascino e l'alone di relax che portano con sé.
Il secondo episodio, intitolato "The Greater Good" è molto in salsa post-rock, in cui il riff è dominato dal basso distorto e dai ripetitivi, lenti, arpeggi di chitarra.

Se in soli sette minuti (e noccioline) i "7 Training Days" sono riusciti a farmi cambiare idea su un genere su cui avevo troppi pregiudizi (e per questo vi faccio i complimenti e vi ringrazio) , sono sicuro che potranno piacere anche a voi.
Ultimo appunto: un ascolto merita anche il loro primo album, "in a Safe Place", che potrete trovare sul loro canale Youtube.

Matteo Mannocci

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domenica 29 settembre 2013

Prog Time: Dolce Acqua

Dolce Acqua - Delirium


"Resterà di noi solo un grande falò..."
Con questo disco del 1971 si apre la fortunata avventura discografica di Ivano Fossati, e anche quella dei Delirium, che realizzano uno dei primi e migliori esempi di rock progressivo italiano. Il suono minimale e squisitamente acustico non sfigura davanti a lavori certamente più elaborati realizzati con l'aiuto di moog e distorsioni elettriche, e questa scelta minimale viene dettata dall'esigenza di comporre un album legato alla rappresentazione dei sentimenti umani.

Questo viaggio all'interno delle emozioni parte con la Paura per finire nella Speranza, tutto rappresentato alla perfezione dai testi del cantante e flautista Ivano Fossati, che attraverso queste poesie ermetiche riesce a suscitare nell'ascoltatore il messaggio che traspare dalle canzoni. Presenti due omaggi all'interno del disco: il pezzo "To Satchmo, Bird And Other Unforgettable Friends" è un chiaro omaggio alla cultura jazz e ai citati Armstrong e Charlie Parker, e riprende i ritmi della musica jazz, mentre "Johnny Sayre" è ispirato alle poesie dell'Antologia di Spoon River di Masters, testo da cui riprenderà spunto, lo stesso anno, Fabrizio De Andrè per il suo disco "Non al Denaro, Non all'Amore Nè al Cielo".

In coda, è stato aggiunto postumo il singolo "Jesahel", canzone che il gruppo propose nel 1972 al Festival di Sanremo.

In sintesi, "Dolce Acqua" è uno dei migliori album prog mai realizzati in Italia, ascolto imprescindibile per ogni amante del genere, un disco di cui innamorarsi e lasciarsi influenzare.

"La tempesta passata non è"

MaGonk

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lunedì 23 settembre 2013

Nerofilmico

E' da l'inizio di settembre che collaboro una webzine che tratta di musica emergente, SulPalco.com.
Questa è la prima recensione che mi è stata affidata:sono un gruppo di Roma, i Nerofilmico.
Hugs!

Nerofilmico EP

I Nerofilmico sono Marco, Danilo e Flavio, un trio di Roma chitarra-basso-batteria che presenta un "concept ep" di 4 tracce sulla storia di Mirella, "una ragazza qualunque, con i suoi sogni,le aspettative, le cadute e le risalite". L'EP viene rilasciato dagli stessi Nerofilmico, autoprodottisi e scampati dalle grinfie della SIAE tutelando la loro opera con una licenza Creative Commons (un punto a favore!).

Passando più particolarmente alla musica, faccio partire la prima traccia molto incuriosito dall'idea del concept: si comincia con "La Notte Di Mirella", solido rock in cui veniamo catapultati nel mondo della protagonista, Mirella appunto, che si ritrova dopo una serata movimentata a fare i conti con la dura realtà della vita di tutti i giorni; riesce ad evitare le sue difficoltà solo grazie ai soliti rimedi: notte, alcool e la ricerca di un amore. Naturalmente la povera ragazza non riuscirà a guarire il suo spleen metropolitano nelle sue distrazioni, e ogni mattina si risveglia sempre più schifata. Questo circolo di cattivo karma si conclude in una maniera apparentemente tragica: il suono di una pistola e di una sirena accompagnano la fine dell'EP, facendoci cogliere la citazione ad un'altra ragazza dalla tragica fine della canzone italiana, la "Marinella" di Fabrizio De Adrè.

Il sound del gruppo si divide tra varie influenze più o meno palesate: immaginate il suono dei Verdena fuso con quello dei Negramaro e un pizzico del pop-punk dei Blink-182. Risultato? Un Pop-Rock incentrato sulla ricerca delle melodie, che offre poco più del minimo necessario per creare orecchiabili riff, ma degli spunti musicali di buon livello non mancano, soprattutto nel coinvolgente ultimo pezzo, "Si Riassume Tutto". Inoltre il cantato malinconico, più che portare ad una riflessione sulle atmosfere di disagio e sofferenza dei testi, dà un'aria di spensieratezza, che spinge ancor di più verso quell'easy-listening già tanto cercato con gli arrangiamenti.

In generale, i Nerofilmico portano su disco un'ottima idea, ma non realizzata al massimo: date le capacità del gruppo, potevano certamente osare di più e cercare un suono più incisivo, e che meno si avvicinasse alle tipiche canzoni da pubblicità di compagnie telefoniche.



Matteo Mannocci

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mercoledì 18 settembre 2013

Aspettando Godot: Libro Audio

Qualcuno conosce la famosissima commedia (si fa per dire...) di  Samuel Beckett? Ecco, ora avete trovato la perfetta colonna sonora: nichilismo degenerante portami via!

Libro Audio - Uochi Toki

Ero ancora un ragazzino che ascoltava solo punk, quando mi si presentano alle orecchie per la prima volta gli Uochi Toki. Come definirli? Non capii nulla di quello che stavo ascoltando, non capivo il perchè, non capivo le basi, ma mi piaceva:per me erano punk quanto i Sex Pistols.


Chi sono gli Uochi Toki? Molto di più di un gruppo hip-hop (?) di eremiti autistici. Basta guardare le loro uscite discografiche: "Vocapatch" e "Uochi Toki", primi due album del gruppo, sono enigmatici, accompagnano basi hip-hop minimali a frammenti hardcore punk, il tutto condito da una buona di nonsense e di intuizioni geniali in alcuni dei testi. La prima uscita più canonica è "Laze Biose", del 2006.


Ma la svolta la si ha nel 2009: per "La Tempesta", l'etichetta di Enrico Molteni dei Tre Allegri Ragazzi Morti, esce "Libro Audio", album di 12 pezzi da ascoltare uno dopo l'altro, come se davvero fosse un libro che viene raccontato dalle parole di Napo, mc del duo. Appena uscito, un ascolto casuale mi fa ricordare perchè avevo sempre apprezzato questo gruppo. Un'ora di assoluta genialità, sia per l'elettronica che per i testi. 12 racconti di vita vissuta, o immaginata, in cui le arringhe di Napo, che inveiscono contro tutto e contro tutti, e le basi degenerano sempre di più verso il caos totale, in una specie di visione beckettiana del nichilismo estremo, dell'inutilità del linguaggio e della solitudine dell'individuo "speciale" in un mondo superficiale.


In ogni caso è certo che gli Uochi sono sempre innovativi, e portano al limite le loro capacità e la lingua italiana: vero futurismo hip-hop.


Parlando dei pezzi singoli, dopo aver detto che ogni pezzo merita anche più di un ascolto attento (anzi, senza ascolti attenti non pretendete di ascoltare nemmeno la più semplice delle traccie), ma i più geniali, perchè qui di "genio" si parla, sono sicuramente "Il Ballerino", "Il Piromane", "Il Nonno, il Bisnonno", il singolo che ha anticipato l'uscita del disco "Il Ladro", e "Il Claustrofilo", ciliegina sulla torta di "Libro Audio".


Unico difetto è l'eccessivo impegno del gruppo, che rende stancante l'ascolto complessivo dell'opera. In ogni caso, rimane il disco più riuscito del gruppo, oltre che alla parte precedente, anche quella successiva. Un ottimo inizio per chi si vuole appassionare a questo gruppo , e disco interessante per chi piace l'alternative in generale.



MaGonk.

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sabato 14 settembre 2013

Prog Time: Volo Magico N° 1

Volo Magico N° 1 - Claudio Rocchi



Nel 1971, anno di partenza per la nuova musica "pop" nostrana (che verrà, decenni dopo, consacrata col il ben più degno nome di Rock Progressivo), si fa strada un giovanissimo cantautore milanese, Claudio Rocchi, con già all'attivo un LP solista ("Viaggio", realizzato con la collaborazione al violino di Mauro Pagani) e il disco d'esordio degli Stormy Six, in cui registra le parti di basso. Questo nuovo disco, "Volo Magico", differisce completamente dal primo: le melodie ingenue ed acustiche vengono sostituite da una gran cura nella composizione e nella strumentazione, e da un'atmosfera mistica che domina la prima facciata del disco, occupata completamente dalla lunghissima suite "Volo Magico": un viaggio di 18 minuti, dove si mescolano cori hare krsna, assoli di chitarra di un altro giovane musicista che diventerà protagonista degli anni '70, Alberto Camerini, ed ossessivi riff di pianoforte che consegnano al BelPaese il primo vero disco di rock psichedelico, che a mio parere si presenta molto più sentito e vero di quelli più acclamati statunitensi o inglesi.


La seconda facciata si apre con uno dei brani più belli della discografia di Rocchi: "La Realtà Non Esiste", gioiellino pianoforte e voce di poco più di due minuti: una delle canzoni più belle di tutti gli anni '70. "Giusto Amore" è un inno all'amore libero, in tutte le forme, che non si può frenare, da quello per i corpi a quello per la musica, ed amore è anche quello che traspare dalla voce di Claudio. Il disco si conclude con una ballata per piano e mellotron, "Tutto Quello Che Ho Da Dire", degna conclusione di un album che si può senza ombra di dubbio, considerare uno dei maggiori capolavori sia a livello musicale che lirico del movimento musicale nostrano anni '70.


Per chi pensa sempre male, potrà sembrare solo un delirio religioso di un'epoca freak ormai morta e sepolta nel nostro cinismo generazionale, e che continuino a pensarlo se vogliono; per tutti gli altri, soprattutto a chi non conosce la discografia di Rocchi, un ottimo modo per avvicinarcisi, o comunque un classico del rock italiano degli anni '70 tutto da scoprire e da consumare, anche per rendere omaggio ad uno dei cantautori più validi ed originali del nostro panorama, prematuramente scomparso in questo Giugno.




MaGonk.

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giovedì 12 settembre 2013

Per Grazia Ricevuta

Tantissimi auguri (in ritardo) Giovanni Lindo Ferretti!
L'eremita della musica italiana, l'artista  più amato ed odiato dagli ascoltatori e dalla critica, è quello che con il suo percorso musicale mi ha affascinato più di qualsiasi altro. Dagli esordi con i CCCP, con punk, new wave, e sperimentazione lirico/musicale al massimo, alla fondazione dei CSI e al grande successo, al "divorzio" con Zamboni e la formazione dei Per Grazia Ricevuta (PGR), ultimo gruppo della storia musicale del Ferretti.
Il loro primo disco è qui raccontato in una mia recensione. Ciao a tutti!

Per Grazia Ricevuta


29 Giugno 2001: è ufficiale: i CCCP non ci sono più. E nemmeno i CSI. In quel giorno il gruppo di Giovanni Lindo Ferretti si trasforma in PGR, Per Grazia Ricevuta. Non è solo un formale cambio di nome: cala il suono, orfano della "chitarra a grattugia" di Zamboni, cala forse anche l'ispirazione, aumenta l'elettronica. Cambio di rotta totale dall'ultimo album del percorso di Ferretti, "Tabula Rasa Elettrificata" del 1997.


Il primo album di inediti dei PGR, "Per Grazia Ricevuta", esce nel 2002. Durante le 9 traccie non si può fare a meno di chiederci: "Ma a cantare è lo stesso Ferretti di Emilia Paranoica?" Si, è lo stesso, che piaccia o no, che presta testi e voce ad un disco di elettronica-rock minimale e sperimentale, che affascina per l'ammaliante fusione delle voci di Ferretti e di Ginevra Di Marco, mai così armoniosamente insieme e per le atmosfere etniche, ma che manca della grinta che aveva contraddistinto i CCCP/CSI per 20 anni.


La prima traccia, "Krsna Pana Miles Davis e Coltraine", è un affascinante viaggio all'interno della musica e della sua mitologia, che rende gloria ai due musicisti jazz come "dei" della musica moderna, e una critica alla musica di plastica moderna.


"Tramonto D'Africa": un elogio dell'Africa e delle sue bellezze, una critica alla massa di seducenti rastamen che la glorificano insieme a uno degli uomini politici più influenti del '900, l'imperatore etiope Haile Selassiè, solo dopo aver ascoltato qualche canzone di Bob Marley. Con la traccia d'apertura, tra le più belle, per il suo ritmo trascinante. "Ah, le Monde" è una critica all'informazione, all'enorme numero di giornali, alle teorie del complotto, alla semplificazione degli avvenimenti.


Degne di nota anche "Blando Comando Telecomandato" e "Settanta", il resto dell'album lascia un po' a desiderare, sia per i testi che per la parte musicale.


Nonostante non sia un album eccezionale, rimane comunque un bell'esempio di elettronica sperimentale portato avanti da grandissimi nomi del rock italiano (oltre ai già citati Ferretti e Di Marco, ricordiamoci di Maroccolo, Magnelli e Canali), troppo ignorato e sottovalutato, schiacciato da un confronto con la precedente fase CCCP/CSI, confronto inutile e cercato, in quanto qui si apre una parentesi musicale del tutto diversa da quella precedente, e quindi impossibile da confrontare.



MaGonk

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lunedì 2 settembre 2013

Marshall Maters LP 2


E' tra pochissimo che dovrebbe uscire il nuovo, atteso disco di Eminem. Sinceramente io non l'aspettavo, deluso dalle schifezze che si erano (inesorabilmente) susseguite negli ultimi anni, ma a contraddirmi è arrivato il primo singolo tratto da "Marhall Mathers LP2" (in uscita a novembre), prodotto dalla "mano santa" del superproduttore Rick Rubin, che per dare nuova linfa al rapper di Detroit inserisce citazioni dai "suoi" Beastie Boys.

Berzerk. Eminem


Inserisco anche una mia recensione sull'album di debutto del nostro, "Slim Shady LP"

Eminem - Slim Shady LP




"Il mondo dell'hip-hop (NB: intendasi l'old school e non quelle schifezze elettroniche che passano oggi) è sicuramente affascinante, ma è anche un intricato labirinto in cui dovete stare molto attenti per non perdervi. Se però prendete il coraggio a quattro mani e vi avventurate nella scoperta di un intero disco rap, buona fortuna. Non tutti riescono poi a tornare indietro.


Questa volta il labirinto si chiama "The Slim Shady LP" e il minotauro da affrontare è Marshall Mathers III, in arte Eminem. Uscito nel 1999, il disco si presenta come una novità rivoluzionaria: uno degli inventori del gangsta-rap, che ha collaborato con i migliori della West Coast (si parla naturalmente di Dr.Dre) decide di produrre un giovane rapper bianco e con i capelli colorati, che niente ha a che fare con i Beastie Boys, unico esempio di rap bianco di spessore negli USA degli anni '90, ma che rappa come i neri della West Coast. Possibile? A quanto pare si, e il ragazzo se la cava anche parecchio bene, con un flow secondo solo ai mostri sacri del rap (2Pac, B.I.G.).


Il protagonista del disco è Slim Shady, un giovane uscito dal ghetto di Detroit per portare il suo Vangelo fatto di droghe, autocelebrazione, storie di amori finiti male (oserei tragicamente) e deciso ad imporsi al top della scena hip-hop USA. Ancora non è Eminem che conosciamo grazie ai suoi album più recenti, è lo stile è un po' immaturo, ma nel complesso Shady mette in piedi un buon biglietto da visita nel mercato internazionale.


"My Name Is", prima traccia dell'album, è una vera e propria entrata di prepotenza di Eminem nel mondo della musica, accompagnata dalla canzone seguente: "Guilty Coscience", duetto con il produttore Dre in cui i due si sfidano per pilotare le azioni di varie persone. Il disco presenta altre canzoni degne di nota: da "Brain Damage" a "Role Model", da "Bad Meets Evil" a "'97 Bonnie and Clyde" (se vi paicciono le canzoni truci, questa sarà pane per i vostri denti).


In definitiva, se riuscite a non perdervi in dischi da 20 canzoni (e infinite skit!), sicuramente l'album di debutto di Eminem. E se poi non vi dovesse piacere, dato il successo smoderato che ha in questi anni con hit mediocri come "Love the way you lie" o "I'm not afraid", sono sicuro che vi risponderebbe con il titolo della miglior canzone di quetso suo album d'esordio: "I Just Don't Give A Fuck"."

Magonk

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martedì 27 agosto 2013

Il primo post! Yuppi!

Salve a tutti, voglio inaugurare questo piccolo spazio personale dove parlerò di musica con una mia vecchia recensione di un disco del 1986, del mio gruppo preferito, i Litfiba. Ciao, Matteo :)

Litfiba- 17 Re


"Anno Domini 1986. Dopo 6 anni di carriera, un album, una colonna sonora per uno spettacolo teatrale, un 45 giri e tre EP, i Litfiba decidono di fare il gran salto di qualità. Come secondo album decidono, coraggiosamente, di far uscire un doppio LP composto di 16 episodi (come suggeriva il titolo sarebbero dovuti essere 17, ma la title-track venne esclusa prima dell'uscita). Tutto fa di quest'album uno tra i capolavori del rock italiano di sempre: i fantastici arrangiamenti curati da Francesco Magnelli e Gianni Maroccolo, i testi visionari di Piero Pelù (mai più dopo così ispirato dopo "17 Re"), l'affiatissima sezione ritmica Maroccolo-De Palma, e i tappeti sonori stesi dalle tastiere di Antonio Aiazzi e dalle chitarre essenziali di Ghigo Renzulli.

Si pone come secondo episodio della "Trilogia del Potere", tra "Desaparecido" (1985) e "Litfiba 3" (1988), e quindi le tematiche trattate si rinnovano: antimilitarismo, rifiuto del servizio militare, contestazione del potere costituito e della società.

Le 16 canzoni contenute nel disco si differenziano molto invece per lo stile: dai pezzi più tipicamente new-wave, agliattacchi post-punk, alle ballate dolci, concludendosi infine con il delirio new-wave di "Ferito", epitaffio di un genere che non avrà più grandi capolavori dopo quest'album.

Cercando il pelo nell'uovo, l'unica pecca di questo lavoro si trova nella voce, ancora non matura, di Piero Pelù. Nel complesso però non si fa notare, e "17 Re" rimane pur sempre un capolavoro: la bellezza di canzoni come "Apapaia", "Come un Dio", la già citata "Ferito", "Gira nel mio Cerchio" (diventate da subito classici della band fiorentina) o di "Sulla Terra" e "Oro Nero", rendono l'ascolto del disco un piacere per chiunque, qualunque detrattore dei Litfiba si smentirà dopo un attento ascolto di "17 Re"."


MaGonk

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