venerdì 11 ottobre 2013

Guida all'Alternative Italiano: pt. 2

La serie dei migliori dischi dell'alternative italiano continua qui! (sì, era brutto farlo tutto in un post)

Marlene Kuntz - Catartica (1994) :La storia di questo album è famosissima, i Marlene Kuntz nascono come la Cenerentola del panorama musicale italiano. Ovvero: il quartetto di Cuneo, nonostante tutta la buona volontà di chi suona con l'anima, non riesce a farsi produrre; arriva fino all'idea di sciogliersi. Quando, all'improvviso, compaiono una fatina buona e il principe azzurro. La fatina (con tanto di barba) si chiama Gianni Maroccolo, il principe ha un nome più complesso, Consorzio Produttori Indipendenti. La nostra Cenerentola si mette la scarpetta di cristallo e non la molla più, dato che giusto poco tempo fa è uscito il loro nuovo disco, "Nella Tua Luce". Ed è qui che mi viene spontanea una domanda: come è possibile che un gruppo come i Marlene Kuntz non abbia ricevuto l'attenzione delle case di produzione prima che Marok & co. li salvassero dallo scioglimento?

Catartica E' gli anni '90. Un'ora di musica che potrebbe tranquillamente riassumere la produzione artistica di un decennio. Atmosfere noise graffianti, testi raffinati quando serve e cattivi nella migliore tradizione grunge, arrangiamenti semplici ma estremamente affascinanti. Nonostante le sonorità siano riprese in gran parte da gruppi americani (Sonic Youth, per citarne uno a caso), è il disco noise che preferisco:non me ne abbiate, ma preferisco quasi sempre la musica italiana, e in questo contesto vi sfido a trovare una migliore produzione.

Passando più specificamente alle singole traccie: la prima parte del disco è un capolavoro, un Classico con la C maiuscola. Canzoni come "Nuotando Nell'Aria" e "Lieve" (indimenticabile la cover acustica dei C.S.I. in "In Quiete") sono ormai diventati patrimonio dell'indie nazionale; "M.K.", traccia d'apertura del disco, è un furioso inno "autocelebrativo" (Lascia che ti vomiti un'onda di parole/MA-MA-MARLENE e' la migliore!); c'è poi il noise di "Sonica" e "Festa Mesta".

La seconda parte del disco, invece, la trovo un po' più spompata, priva della verve che mi ha fatto innamorare dei Marlene. Ma non per questo ci si deve fermare alla mezzora di ascolto. Pezzi come "Trasudamerica", "Merry X-Mas", e (soprattutto) "1°,2°,3°" sono pietri miliari.

Senza voler aprire una discussione del tipo "erano meglio prima", oppure "Godano è un venduto", relax, non ci interessa. Per ora ci fermiamo al '94.

http://www.youtube.com/watch?v=Vkj3BY1qK-o

lunedì 7 ottobre 2013

Guida Ragionata (?) all'Alternative Rock Italiano

Alternative Rock: questo sconosciuto!

Ah, quanto ci piace andarci ad infrascare nelle definizioni di generi che non vanno mai bene a nessuno! Cos'è l'alternative rock? A saperlo... fatto sta, che la maggior parti degli artisti che hanno prodotto del rock negli ultimi vent'anni, in maniera più o meno indipendente, viene etichettato sotto quest'agile formuletta.
Allora immergiamoci in quelli che ritengo essere i 5 album più importanti in questo circo d'artisti riunitosi sotto il tendone dell'indie.

1- Ko de Mondo - CSI (1994) : In qualche modo, il disco seminale di questo nuovo percorso della musica italiana. Dalle ceneri dell'ultima formazione dei CCCP - Fedeli alla Linea esce fuori un gruppo completamente nuovo, con una line-up inedita dal vivo e senza la parte teatrale del gruppo, ovvero Annarella Giudici, "benemerita soubrette" e Danilo Fatur, "artista del popolo italiano". I superstiti, dopo una mini tournée con gli Ustmamò e Disciplinatha (documentata nel live "Maciste Contro Tutti") decidono di ritirarsi in Bretagna, per registrare del materiale inedito. Ci eravamo lasciati con "Annarella", ultima traccia di "Epica Etica Etnica Pathos", ci ritroviamo con "A Tratti", che sancisce con una nenia diventata epica la rottura con ogni passato musicale del Consorzio: ...chi c'è c'è, e chi non c'è non c'è; chi è stato è stato, e chi è stato non è....

Cambia anche il sound del gruppo, che ingloba 5 musicisti, più Pino Gulli alla batteria e Ginevra Di Marco nel ruolo di "ospite", ma che confluirà poi definitivamente nel gruppo dalla tournée acustica di "In Quiete". In realtà il suono di Ko de Mondo è completamente differente da quello che i CSI presenteranno per i loro due album seguenti (Linea Gotica e Tabula Rasa Elettrificata), quasi spersonalizzato: non c'è spazio nè per i riff post-punk di Maroccolo, nè le melodie graffianti di Zamboni, marchi di fabbrica di tutta la loro produzione.

In questo disco nulla è lasciato al caso, nulla è di troppo: i musicisti fondono i loro suoni per stendere il tappeto sonoro dove possono sfilare le ipnotiche poesie di Giovanni Lindo Ferretti.

Gli stili presenti si differenziano molto all'interno del disco: dalle ruvide melodie elettriche di "A Tratti", "In Viaggio", "Home Sweet Home" e "Finistère", ci sono le nenie ipnotiche di "Celuloide" e "Intimisto", la sperimentazione di "La Lune du Prajou" e gli episodi semi acustici di "Palpitazione Tenue", "Fuochi Nella Notte", "Del Mondo", "Occidente" e infine la maestosa e dolcissima "Memorie Di Una Testa Tagliata" (Grazie Lindo per il nome del blog!).

Cos'è, in fondo questo disco? E' tutto, ma allo stesso tempo niente. Non è inquadrabile in nessun genere, è differente a qualsiasi cosa sia mai uscita in Italia. La voce di Ferretti, con quel gusto primordialmente sensuale, stride a confronto con i soliti cantanti rock, e non parliamo delle chitarre disturbate di Zamboni e Canali...

"C'è tanto da imparare!" (cit.)

http://www.youtube.com/watch?v=gi8hy1GZh04




2- Hai Paura Del Buio? - Afterhours (1996): Gli Afterhours sono uno dei gruppi più amati/odiati della storia della musica italiana. Scrivere di loro è quasi un suicidio: immagino quanti potrebbero essere i commenti scritti solo per partito preso. In effetti la spocchia del cantante chitarrista Manuel Agnelli non è indifferente, ma come non lo è l'apporto che, con dischi come questo, sono riusciti a portare alla scena italiana. Il loro album precedente, "Germi", il primo in italiano e da molti considerato come il primo vero disco del gruppo milanese, presentava perlopiù delle tipiche sonorità grunge ispirate da quello anglofono. In "Hai Paura Del Buio", 
rimettono tutte le carte in tavola. Si liberano del ruolo di gruppo dal suono monolitico tendendo alla sperimentazione, spaziando tra i generi più disparati: dall'hardcore alle ballate acustiche, qualche spruzzo di grunge, si sfocia addirittura nel pop e tanta sperimentazione.

Se dovessi sintetizzare quest'album in una parola direi: distorto. Distorta è la voce di Manuel Agnelli nella traccia iniziale "1.9.9.6.", (super)distorte sono le chitarre del visionario Xabier Iriondo, la realtà espressa nei testi è distorta. Manuel Agnelli, in definitiva, fa uscire tutto il marcio dalla sua testa e lo mette sul banco, in vendita al grande pubblico. E questo piace, tanto da far coppiare gli Afterhours a fenomeno nazionale, quando sembrava che per loro non ci fossero più speranze nel panorama musicale italico.

La formazione milanese, che per questo disco si avvale per la prima volta della collaborazione di Dario Ciffo al violino (collaborazione che durerà più di 10 anni), presenta una track list che per gli appassionati è quasi un best-of, per tutti gli altri è comunque un disco da sogno, che presenta un numero di classiconi che tanti gruppi, nel corso della loro carriera, si sognano.

Il disco, dopo la breve title-track strumentale, si apre con 1.9.9.6. , ballata apparentemente ingenua in cui Manuel Agnelli gioca con la sua voce, trasformandola e rendendola libera di dire ciò che vuole: per ora è ancora l'unico disco che sento aprirsi con una bestemmia. Dopo questo coraggioso inizio siamo catapultati nella furia di "Male di Miele", canzone simbolo, che unisce rabbia, amore, dolore e uno dei più bei riff degli ultimi 20 anni.

Andando avanti si potrebbe continuare a parlare all'infinito, come non poter discutere della disturbante "Rapace", o della dolce "Elymania", della lisergica "Senza Finestra"  o la disarmante (immaginatevi una sorta di ninna nanna infantile dopo 40 minuti di rumore!) "Come Vorrei".

Oppure potrei parlarvi delle mie preferite, dall'hardcore di "Dea" e "Lasciami Leccare l'Adrenalina",  alle atmosfere punk e dissacranti di "Sui giovani d'oggi ci scatarro su", alla rabbia di "Veleno"; o, per farla bene, un po' di tutte le 18 canzoni presenti.

Oppure potrei dirvi di ascoltarlo, perchè certi capolavori non fa mai male ascoltarli, anche per chi li conosce già. Naturalmente, dopo tutta questa filippica sulla distorsione e sul rumore, vi aspettate certo qualcosa del genere. Invece no. Perchè? Perchè gli Afterhours riescono a fare bene anche il pop.

http://www.youtube.com/watch?v=7HqSRYs0TZI



Matteo Mannocci


venerdì 4 ottobre 2013

7 Training Days

Ecco la mia seconda recensione per la webzine SulPalco.com. Qui parlo di un gruppo indie che, come si capisce, mi è iaciuto veramente tanto, a dispetto della mia solita avversione per l'indie.
Huuugs!

7 Training Days- Finale/Forward

Avete presente l'indie rock? Se qualcuno ha storto il naso solo a sentirne parlare, vi capisco: ormai nel nuovo panorama musicale, e soprattutto tra i giovani gruppi, sempre di più si affidano alla formula dell'indie-rock, con esiti non sempre positivi. Vi è mai capitato di abbandonare un concerto schifati dalla marea di ragazzine eccitate e urlanti verso un gruppo che suona come i peggiori Artic Monkeys da ubriachi?
Bene, ora che ho catalizzato la vostra attenzione lo posso dire: questa è una recensione di un Ep indie. Ma, udite udite, non si tratta di niente di ciò che ho descritto prima.
L'oggetto in questione è il mini-ep del gruppo di Frosinone "7 Training Days" intitolato "Finale/Forward", che si compone (purtroppo) di soli due pezzi, con i quali però il quartetto riesce benissimo a mostrare benissimo tutte le carte che possono mettere in tavola.
"Pocket Venus", il primo pezzo, è una dolce ballata indie, di quelle che difficilmente non si fanno ascoltare, per il fascino e l'alone di relax che portano con sé.
Il secondo episodio, intitolato "The Greater Good" è molto in salsa post-rock, in cui il riff è dominato dal basso distorto e dai ripetitivi, lenti, arpeggi di chitarra.

Se in soli sette minuti (e noccioline) i "7 Training Days" sono riusciti a farmi cambiare idea su un genere su cui avevo troppi pregiudizi (e per questo vi faccio i complimenti e vi ringrazio) , sono sicuro che potranno piacere anche a voi.
Ultimo appunto: un ascolto merita anche il loro primo album, "in a Safe Place", che potrete trovare sul loro canale Youtube.

Matteo Mannocci

Pubblicato su SulPalco.com