mercoledì 29 gennaio 2014

SixthMinor - Wireframe

Torno (colpevolmente) a scrivere su questo blog dopo secoli....quella che segue è una recensione già edita su SulPalco.com di un gruppo che ho apprezzato assai, al quale ho dedicato anche un'intervista

SIXTHMINOR - WIREFRAME

Corro, ho il fiatone. Non posso fermarmi. Giro prima destra, poi a sinistra, salto da un tetto all'altro. E' più di mezzora che corro, ma non so nemmeno il perché So solo che devo continuare, se non voglio che quel "qualcosa" mi afferri e mi distrugga. Poi all'improvviso, finisce tutto, il disco smette di girare, dalle casse esce solo un flebile ronzio elettrico.
Il viaggio era solo nella mia testa, la colonna sonora è "Wireframe" dei SixthMinor. Il duo post-rock (anche se definirli in una singola categoria li sminuisce davvero) si inventa, per il loro primo album, uno scenario drammatico, dove regna la disintegrazione. E' questo che io sento nelle composizioni dei SixthMinor: prendono la musica rock e la svuotano della sua essenza; prendono l'elettronica e la mettono al servizio di chitarre, basso e batteria: è questo il suono del nuovo millennio.
Il loro stile, già sentito nel Belpaese grazie a gruppi come gli AUCAN, sta avendo un enorme successo in tutto il mondo. Anche per questo, fossi in voi, butterei un occhio su questo giovane gruppo: da quando il disco è uscito, ha monopolizzato consensi, e vanta due video presentati in esclusiva da "XL" de La Repubblica, realizzati dal collettivo di visual artist romano Kanaka Project.
Il concetto di fondo è sempre un'atmosfera claustrofobica e apocalittica, che trova il suo apice in tracce come "Easer", "Hexagone" o "Blackwood", ma che lascia spazio in momenti di rilassamento come "Last Day On Earth" o "Frozen", in cui però traspare sempre l'atmosfera glaciale che circonda tutta l'opera.
Il disco è veramente buono, e fruibile da una quantità vastissima di ascoltatori: è perfetto per gli amanti del noise, come per quelli di dubstep o post rock, sempre che siano disposti ad ascoltare un intero album strumentale.
Spero veramente che la nuova onda partita da loro e pochi altri gruppi finora si sviluppi sempre di più, in modo da trovare la giusta dignità all'interno del mercato musicale.
Un augurio quindi agli amici SixthMinor, e un voto ottimo al loro esordio!


INTERVISTA AI SIXTHMINOR!
1-Ciao ragazzi, subito una noiosa domanda di rito: volete presentarvi?
Ciao Matteo, piacere, noi siamo Renato e Andrew.
SIXTHMINOR è un progetto di musica sperimentale formato da 2 folli individui che hanno deciso di complicarsi la vita facendo roba strana e poco convenzionale.


2-In questi giorni è uscito il video del vostro secondo singolo, "Frozen", in esclusiva su Repubblica XL. Volete parlarcene, e anche di come è nata questa collaborazione con Kanaka Project?
Dopo il video di blackwood, che mette sicuramente in risalto il nostro lato più “cazzuto” e “aggressivo” volevamo dare risalto al nostro lato più “pacato” e “riflessivo”. Frozen ci sembrava il pezzo più adatto a tale scopo. Alla realizzazione e al concept del video ci ha pensato appunto, Kanaka Project, un collettivo romano di visual artist con il quale abbiamo sviluppato una grande empatia. Spesso ci seguono nei nostri live con le loro video performance e ogni volta si crea una sinergia incredibile.

3-Il vostro non è certo uno stile di musica semplice: mischiate stili di musica elettronica come la dubstep a sonorità post rock molto complicate e con molti strumenti, come mai questa scelta?
Più che una scelta, il nostro sound è dettato proprio da una 'assenza di scelte'.
In fase compositiva, non pensiamo mai ad un determinato genere musicale ma cerchiamo sempre di seguire le emozioni e le sensazioni che la musica ci offre, senza costruirci paletti e/o barriere compositive. Siamo curiosi ed è anche per questo che usiamo una gran quantità di strumenti musicali, amiamo sperimentare. Qualsiasi tipo di suono, derivante da qualsiasi cosa, costituisce per noi fonte di ispirazione.
Ascoltiamo entrambi una vastità enorme di generi musicali, sicuramente il nostro sound deriva anche dal mix di queste influenze. Parlando più nel dettaglio siamo attratti da atmosfere cupe, algide e rarefatte ed allo stesso tempo amiamo il noise, il caos, le basse frequenze.


4-Ascoltandovi mi è subito venuto in mente un altro gruppo cresciuto nel sottobosco dell'indie italiano e con uno stile molto simile al vostro, gli Aucan. Loro all'estero hanno trovato un grandissimo consenso:pensate che come per i cervelli anche la musica di qualità in Italia debba emigrare per trovare il giusto successo?
Questa è sicuramente un nota dolente, in gran parte vera...
Purtroppo l'Italia soffre di una sorta di “provincialismo sonoro”. Le nostre città sono un po lontane dal clima musicale che si respira in Europa e da quello che succede in ambito internazionale. Sono poche le band italiane che sperimentano e si differenziano e per la maggior parte delle volte si viene più apprezzati fuori dai confini nazionali che in Italia. Siamo sicuramente distanti da centri artistici e culturali come ad esempio Berlino e/o Londra in cui viene premiata la ricerca e la sperimentazione. In italia si fa fatica a sperimentare.


5-Parlando sempre di altre band, chi vorreste citare come fonte d'ispirazione per la vostra musica?
Qui la lista sarebbe davvero chilometrica.
Come detto prima ascoltiamo una vastità enorme di band/artisti e generi musicali ed è difficile definire dei “punti fissi”. Sicuramente abusiamo di tutta quella sfera di compositori che producono musica ed elettronica sperimentale (Jon Hopkins, Apparat, Flying Lotus, Alva Noto, Clark, etc.. etc..), primis fra tutti Aphex Twin che rappresenta per noi un vero e proprio maestro e punto di riferimento assoluto.
Ultimamente ci hanno sicuramente preso le ultime produzioni di Jon Hopkins e dei 65daysofstatic. Quest'ultimi in particolare, sono una band a cui siamo molto legati perché ci sentiamo molto vicini al loro modo di fare musica.


6-Da diverse tracce del disco si percepisce un'angoscia, voglia di scappare, una claustrofobia dominante. Vedrei bene "Wireframe" come colonna sonora di un film fantascientifico-apocalittico. E' questa il concetto che volevate imprimere all'album?
Hai centrato in pieno il bersaglio.
Sicuramente il tema ‘apocalisse/fuga' è un qualcosa che ci portiamo spesso dietro nelle nostre composizioni.
Non prospettiamo niente di positivo per i tempi che corrono, assistiamo gradualmente all'annientamento del nostro pianeta e del collasso della nostra civiltà. Essendo tra l'altro di Napoli, viviamo in prima persona il dramma e l'emergenza della terra dei fuochi, un fenomeno che sta lettaralmente distruggendo la nostra terra. Tutto questo si riflette moltissimo nella nostra musica.


7-Progetti per il futuro e sogni dei SixthMinor?
Attualmente è in programma la realizzazione di altri 2 video: Uno che riguarda il brano “Hybrid” che sarà una piccola anticipazione del nostro secondo disco.
Sarà un live studio e le riprese verrano effettuate presso la RedBox, lo stesso studio di registrazione in cui abbiamo registrato WIREFRAME .
L’altro video invece, riguarderà un altro brano di Wireframe e sarà girato da H2bVideo,un gruppo di videomaker.
Inoltre stiamo già pensando al secondo album e a dir la verità siamo già ad ottimo punto.
Per quanto riguarda sogni nel cassetto, sicuramente vedere LA MUSICA come nostra fonte primaria di occupazione. Vivere di musica sarebbe il sogno e il traguardo di vita più bello che ci possa capitare. E' difficile, soprattutto di questi tempi, noi ce la mettiamo tutta.
Ma anche se ciò non dovesse accadere niente mai ci fermerà nel produrre musica perché essa è parte indivisibile di noi.

Matteo Mannocci
Pubblicato su SulPalco.com

venerdì 11 ottobre 2013

Guida all'Alternative Italiano: pt. 2

La serie dei migliori dischi dell'alternative italiano continua qui! (sì, era brutto farlo tutto in un post)

Marlene Kuntz - Catartica (1994) :La storia di questo album è famosissima, i Marlene Kuntz nascono come la Cenerentola del panorama musicale italiano. Ovvero: il quartetto di Cuneo, nonostante tutta la buona volontà di chi suona con l'anima, non riesce a farsi produrre; arriva fino all'idea di sciogliersi. Quando, all'improvviso, compaiono una fatina buona e il principe azzurro. La fatina (con tanto di barba) si chiama Gianni Maroccolo, il principe ha un nome più complesso, Consorzio Produttori Indipendenti. La nostra Cenerentola si mette la scarpetta di cristallo e non la molla più, dato che giusto poco tempo fa è uscito il loro nuovo disco, "Nella Tua Luce". Ed è qui che mi viene spontanea una domanda: come è possibile che un gruppo come i Marlene Kuntz non abbia ricevuto l'attenzione delle case di produzione prima che Marok & co. li salvassero dallo scioglimento?

Catartica E' gli anni '90. Un'ora di musica che potrebbe tranquillamente riassumere la produzione artistica di un decennio. Atmosfere noise graffianti, testi raffinati quando serve e cattivi nella migliore tradizione grunge, arrangiamenti semplici ma estremamente affascinanti. Nonostante le sonorità siano riprese in gran parte da gruppi americani (Sonic Youth, per citarne uno a caso), è il disco noise che preferisco:non me ne abbiate, ma preferisco quasi sempre la musica italiana, e in questo contesto vi sfido a trovare una migliore produzione.

Passando più specificamente alle singole traccie: la prima parte del disco è un capolavoro, un Classico con la C maiuscola. Canzoni come "Nuotando Nell'Aria" e "Lieve" (indimenticabile la cover acustica dei C.S.I. in "In Quiete") sono ormai diventati patrimonio dell'indie nazionale; "M.K.", traccia d'apertura del disco, è un furioso inno "autocelebrativo" (Lascia che ti vomiti un'onda di parole/MA-MA-MARLENE e' la migliore!); c'è poi il noise di "Sonica" e "Festa Mesta".

La seconda parte del disco, invece, la trovo un po' più spompata, priva della verve che mi ha fatto innamorare dei Marlene. Ma non per questo ci si deve fermare alla mezzora di ascolto. Pezzi come "Trasudamerica", "Merry X-Mas", e (soprattutto) "1°,2°,3°" sono pietri miliari.

Senza voler aprire una discussione del tipo "erano meglio prima", oppure "Godano è un venduto", relax, non ci interessa. Per ora ci fermiamo al '94.

http://www.youtube.com/watch?v=Vkj3BY1qK-o

lunedì 7 ottobre 2013

Guida Ragionata (?) all'Alternative Rock Italiano

Alternative Rock: questo sconosciuto!

Ah, quanto ci piace andarci ad infrascare nelle definizioni di generi che non vanno mai bene a nessuno! Cos'è l'alternative rock? A saperlo... fatto sta, che la maggior parti degli artisti che hanno prodotto del rock negli ultimi vent'anni, in maniera più o meno indipendente, viene etichettato sotto quest'agile formuletta.
Allora immergiamoci in quelli che ritengo essere i 5 album più importanti in questo circo d'artisti riunitosi sotto il tendone dell'indie.

1- Ko de Mondo - CSI (1994) : In qualche modo, il disco seminale di questo nuovo percorso della musica italiana. Dalle ceneri dell'ultima formazione dei CCCP - Fedeli alla Linea esce fuori un gruppo completamente nuovo, con una line-up inedita dal vivo e senza la parte teatrale del gruppo, ovvero Annarella Giudici, "benemerita soubrette" e Danilo Fatur, "artista del popolo italiano". I superstiti, dopo una mini tournée con gli Ustmamò e Disciplinatha (documentata nel live "Maciste Contro Tutti") decidono di ritirarsi in Bretagna, per registrare del materiale inedito. Ci eravamo lasciati con "Annarella", ultima traccia di "Epica Etica Etnica Pathos", ci ritroviamo con "A Tratti", che sancisce con una nenia diventata epica la rottura con ogni passato musicale del Consorzio: ...chi c'è c'è, e chi non c'è non c'è; chi è stato è stato, e chi è stato non è....

Cambia anche il sound del gruppo, che ingloba 5 musicisti, più Pino Gulli alla batteria e Ginevra Di Marco nel ruolo di "ospite", ma che confluirà poi definitivamente nel gruppo dalla tournée acustica di "In Quiete". In realtà il suono di Ko de Mondo è completamente differente da quello che i CSI presenteranno per i loro due album seguenti (Linea Gotica e Tabula Rasa Elettrificata), quasi spersonalizzato: non c'è spazio nè per i riff post-punk di Maroccolo, nè le melodie graffianti di Zamboni, marchi di fabbrica di tutta la loro produzione.

In questo disco nulla è lasciato al caso, nulla è di troppo: i musicisti fondono i loro suoni per stendere il tappeto sonoro dove possono sfilare le ipnotiche poesie di Giovanni Lindo Ferretti.

Gli stili presenti si differenziano molto all'interno del disco: dalle ruvide melodie elettriche di "A Tratti", "In Viaggio", "Home Sweet Home" e "Finistère", ci sono le nenie ipnotiche di "Celuloide" e "Intimisto", la sperimentazione di "La Lune du Prajou" e gli episodi semi acustici di "Palpitazione Tenue", "Fuochi Nella Notte", "Del Mondo", "Occidente" e infine la maestosa e dolcissima "Memorie Di Una Testa Tagliata" (Grazie Lindo per il nome del blog!).

Cos'è, in fondo questo disco? E' tutto, ma allo stesso tempo niente. Non è inquadrabile in nessun genere, è differente a qualsiasi cosa sia mai uscita in Italia. La voce di Ferretti, con quel gusto primordialmente sensuale, stride a confronto con i soliti cantanti rock, e non parliamo delle chitarre disturbate di Zamboni e Canali...

"C'è tanto da imparare!" (cit.)

http://www.youtube.com/watch?v=gi8hy1GZh04




2- Hai Paura Del Buio? - Afterhours (1996): Gli Afterhours sono uno dei gruppi più amati/odiati della storia della musica italiana. Scrivere di loro è quasi un suicidio: immagino quanti potrebbero essere i commenti scritti solo per partito preso. In effetti la spocchia del cantante chitarrista Manuel Agnelli non è indifferente, ma come non lo è l'apporto che, con dischi come questo, sono riusciti a portare alla scena italiana. Il loro album precedente, "Germi", il primo in italiano e da molti considerato come il primo vero disco del gruppo milanese, presentava perlopiù delle tipiche sonorità grunge ispirate da quello anglofono. In "Hai Paura Del Buio", 
rimettono tutte le carte in tavola. Si liberano del ruolo di gruppo dal suono monolitico tendendo alla sperimentazione, spaziando tra i generi più disparati: dall'hardcore alle ballate acustiche, qualche spruzzo di grunge, si sfocia addirittura nel pop e tanta sperimentazione.

Se dovessi sintetizzare quest'album in una parola direi: distorto. Distorta è la voce di Manuel Agnelli nella traccia iniziale "1.9.9.6.", (super)distorte sono le chitarre del visionario Xabier Iriondo, la realtà espressa nei testi è distorta. Manuel Agnelli, in definitiva, fa uscire tutto il marcio dalla sua testa e lo mette sul banco, in vendita al grande pubblico. E questo piace, tanto da far coppiare gli Afterhours a fenomeno nazionale, quando sembrava che per loro non ci fossero più speranze nel panorama musicale italico.

La formazione milanese, che per questo disco si avvale per la prima volta della collaborazione di Dario Ciffo al violino (collaborazione che durerà più di 10 anni), presenta una track list che per gli appassionati è quasi un best-of, per tutti gli altri è comunque un disco da sogno, che presenta un numero di classiconi che tanti gruppi, nel corso della loro carriera, si sognano.

Il disco, dopo la breve title-track strumentale, si apre con 1.9.9.6. , ballata apparentemente ingenua in cui Manuel Agnelli gioca con la sua voce, trasformandola e rendendola libera di dire ciò che vuole: per ora è ancora l'unico disco che sento aprirsi con una bestemmia. Dopo questo coraggioso inizio siamo catapultati nella furia di "Male di Miele", canzone simbolo, che unisce rabbia, amore, dolore e uno dei più bei riff degli ultimi 20 anni.

Andando avanti si potrebbe continuare a parlare all'infinito, come non poter discutere della disturbante "Rapace", o della dolce "Elymania", della lisergica "Senza Finestra"  o la disarmante (immaginatevi una sorta di ninna nanna infantile dopo 40 minuti di rumore!) "Come Vorrei".

Oppure potrei parlarvi delle mie preferite, dall'hardcore di "Dea" e "Lasciami Leccare l'Adrenalina",  alle atmosfere punk e dissacranti di "Sui giovani d'oggi ci scatarro su", alla rabbia di "Veleno"; o, per farla bene, un po' di tutte le 18 canzoni presenti.

Oppure potrei dirvi di ascoltarlo, perchè certi capolavori non fa mai male ascoltarli, anche per chi li conosce già. Naturalmente, dopo tutta questa filippica sulla distorsione e sul rumore, vi aspettate certo qualcosa del genere. Invece no. Perchè? Perchè gli Afterhours riescono a fare bene anche il pop.

http://www.youtube.com/watch?v=7HqSRYs0TZI



Matteo Mannocci


venerdì 4 ottobre 2013

7 Training Days

Ecco la mia seconda recensione per la webzine SulPalco.com. Qui parlo di un gruppo indie che, come si capisce, mi è iaciuto veramente tanto, a dispetto della mia solita avversione per l'indie.
Huuugs!

7 Training Days- Finale/Forward

Avete presente l'indie rock? Se qualcuno ha storto il naso solo a sentirne parlare, vi capisco: ormai nel nuovo panorama musicale, e soprattutto tra i giovani gruppi, sempre di più si affidano alla formula dell'indie-rock, con esiti non sempre positivi. Vi è mai capitato di abbandonare un concerto schifati dalla marea di ragazzine eccitate e urlanti verso un gruppo che suona come i peggiori Artic Monkeys da ubriachi?
Bene, ora che ho catalizzato la vostra attenzione lo posso dire: questa è una recensione di un Ep indie. Ma, udite udite, non si tratta di niente di ciò che ho descritto prima.
L'oggetto in questione è il mini-ep del gruppo di Frosinone "7 Training Days" intitolato "Finale/Forward", che si compone (purtroppo) di soli due pezzi, con i quali però il quartetto riesce benissimo a mostrare benissimo tutte le carte che possono mettere in tavola.
"Pocket Venus", il primo pezzo, è una dolce ballata indie, di quelle che difficilmente non si fanno ascoltare, per il fascino e l'alone di relax che portano con sé.
Il secondo episodio, intitolato "The Greater Good" è molto in salsa post-rock, in cui il riff è dominato dal basso distorto e dai ripetitivi, lenti, arpeggi di chitarra.

Se in soli sette minuti (e noccioline) i "7 Training Days" sono riusciti a farmi cambiare idea su un genere su cui avevo troppi pregiudizi (e per questo vi faccio i complimenti e vi ringrazio) , sono sicuro che potranno piacere anche a voi.
Ultimo appunto: un ascolto merita anche il loro primo album, "in a Safe Place", che potrete trovare sul loro canale Youtube.

Matteo Mannocci

Pubblicato su SulPalco.com

domenica 29 settembre 2013

Prog Time: Dolce Acqua

Dolce Acqua - Delirium


"Resterà di noi solo un grande falò..."
Con questo disco del 1971 si apre la fortunata avventura discografica di Ivano Fossati, e anche quella dei Delirium, che realizzano uno dei primi e migliori esempi di rock progressivo italiano. Il suono minimale e squisitamente acustico non sfigura davanti a lavori certamente più elaborati realizzati con l'aiuto di moog e distorsioni elettriche, e questa scelta minimale viene dettata dall'esigenza di comporre un album legato alla rappresentazione dei sentimenti umani.

Questo viaggio all'interno delle emozioni parte con la Paura per finire nella Speranza, tutto rappresentato alla perfezione dai testi del cantante e flautista Ivano Fossati, che attraverso queste poesie ermetiche riesce a suscitare nell'ascoltatore il messaggio che traspare dalle canzoni. Presenti due omaggi all'interno del disco: il pezzo "To Satchmo, Bird And Other Unforgettable Friends" è un chiaro omaggio alla cultura jazz e ai citati Armstrong e Charlie Parker, e riprende i ritmi della musica jazz, mentre "Johnny Sayre" è ispirato alle poesie dell'Antologia di Spoon River di Masters, testo da cui riprenderà spunto, lo stesso anno, Fabrizio De Andrè per il suo disco "Non al Denaro, Non all'Amore Nè al Cielo".

In coda, è stato aggiunto postumo il singolo "Jesahel", canzone che il gruppo propose nel 1972 al Festival di Sanremo.

In sintesi, "Dolce Acqua" è uno dei migliori album prog mai realizzati in Italia, ascolto imprescindibile per ogni amante del genere, un disco di cui innamorarsi e lasciarsi influenzare.

"La tempesta passata non è"

MaGonk

Pubblicato su Debaser.it

lunedì 23 settembre 2013

Nerofilmico

E' da l'inizio di settembre che collaboro una webzine che tratta di musica emergente, SulPalco.com.
Questa è la prima recensione che mi è stata affidata:sono un gruppo di Roma, i Nerofilmico.
Hugs!

Nerofilmico EP

I Nerofilmico sono Marco, Danilo e Flavio, un trio di Roma chitarra-basso-batteria che presenta un "concept ep" di 4 tracce sulla storia di Mirella, "una ragazza qualunque, con i suoi sogni,le aspettative, le cadute e le risalite". L'EP viene rilasciato dagli stessi Nerofilmico, autoprodottisi e scampati dalle grinfie della SIAE tutelando la loro opera con una licenza Creative Commons (un punto a favore!).

Passando più particolarmente alla musica, faccio partire la prima traccia molto incuriosito dall'idea del concept: si comincia con "La Notte Di Mirella", solido rock in cui veniamo catapultati nel mondo della protagonista, Mirella appunto, che si ritrova dopo una serata movimentata a fare i conti con la dura realtà della vita di tutti i giorni; riesce ad evitare le sue difficoltà solo grazie ai soliti rimedi: notte, alcool e la ricerca di un amore. Naturalmente la povera ragazza non riuscirà a guarire il suo spleen metropolitano nelle sue distrazioni, e ogni mattina si risveglia sempre più schifata. Questo circolo di cattivo karma si conclude in una maniera apparentemente tragica: il suono di una pistola e di una sirena accompagnano la fine dell'EP, facendoci cogliere la citazione ad un'altra ragazza dalla tragica fine della canzone italiana, la "Marinella" di Fabrizio De Adrè.

Il sound del gruppo si divide tra varie influenze più o meno palesate: immaginate il suono dei Verdena fuso con quello dei Negramaro e un pizzico del pop-punk dei Blink-182. Risultato? Un Pop-Rock incentrato sulla ricerca delle melodie, che offre poco più del minimo necessario per creare orecchiabili riff, ma degli spunti musicali di buon livello non mancano, soprattutto nel coinvolgente ultimo pezzo, "Si Riassume Tutto". Inoltre il cantato malinconico, più che portare ad una riflessione sulle atmosfere di disagio e sofferenza dei testi, dà un'aria di spensieratezza, che spinge ancor di più verso quell'easy-listening già tanto cercato con gli arrangiamenti.

In generale, i Nerofilmico portano su disco un'ottima idea, ma non realizzata al massimo: date le capacità del gruppo, potevano certamente osare di più e cercare un suono più incisivo, e che meno si avvicinasse alle tipiche canzoni da pubblicità di compagnie telefoniche.



Matteo Mannocci

Pubblicato su SulPalco.com

mercoledì 18 settembre 2013

Aspettando Godot: Libro Audio

Qualcuno conosce la famosissima commedia (si fa per dire...) di  Samuel Beckett? Ecco, ora avete trovato la perfetta colonna sonora: nichilismo degenerante portami via!

Libro Audio - Uochi Toki

Ero ancora un ragazzino che ascoltava solo punk, quando mi si presentano alle orecchie per la prima volta gli Uochi Toki. Come definirli? Non capii nulla di quello che stavo ascoltando, non capivo il perchè, non capivo le basi, ma mi piaceva:per me erano punk quanto i Sex Pistols.


Chi sono gli Uochi Toki? Molto di più di un gruppo hip-hop (?) di eremiti autistici. Basta guardare le loro uscite discografiche: "Vocapatch" e "Uochi Toki", primi due album del gruppo, sono enigmatici, accompagnano basi hip-hop minimali a frammenti hardcore punk, il tutto condito da una buona di nonsense e di intuizioni geniali in alcuni dei testi. La prima uscita più canonica è "Laze Biose", del 2006.


Ma la svolta la si ha nel 2009: per "La Tempesta", l'etichetta di Enrico Molteni dei Tre Allegri Ragazzi Morti, esce "Libro Audio", album di 12 pezzi da ascoltare uno dopo l'altro, come se davvero fosse un libro che viene raccontato dalle parole di Napo, mc del duo. Appena uscito, un ascolto casuale mi fa ricordare perchè avevo sempre apprezzato questo gruppo. Un'ora di assoluta genialità, sia per l'elettronica che per i testi. 12 racconti di vita vissuta, o immaginata, in cui le arringhe di Napo, che inveiscono contro tutto e contro tutti, e le basi degenerano sempre di più verso il caos totale, in una specie di visione beckettiana del nichilismo estremo, dell'inutilità del linguaggio e della solitudine dell'individuo "speciale" in un mondo superficiale.


In ogni caso è certo che gli Uochi sono sempre innovativi, e portano al limite le loro capacità e la lingua italiana: vero futurismo hip-hop.


Parlando dei pezzi singoli, dopo aver detto che ogni pezzo merita anche più di un ascolto attento (anzi, senza ascolti attenti non pretendete di ascoltare nemmeno la più semplice delle traccie), ma i più geniali, perchè qui di "genio" si parla, sono sicuramente "Il Ballerino", "Il Piromane", "Il Nonno, il Bisnonno", il singolo che ha anticipato l'uscita del disco "Il Ladro", e "Il Claustrofilo", ciliegina sulla torta di "Libro Audio".


Unico difetto è l'eccessivo impegno del gruppo, che rende stancante l'ascolto complessivo dell'opera. In ogni caso, rimane il disco più riuscito del gruppo, oltre che alla parte precedente, anche quella successiva. Un ottimo inizio per chi si vuole appassionare a questo gruppo , e disco interessante per chi piace l'alternative in generale.



MaGonk.

Pubblicato su DeBaser.it